Page 8 - IN CORTE DI ASSISE BENTINI
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Si dirà : lYia Cicerone ....
E dico anch'io: Ciceron,e, Cicerone ....
lVIa se i piccoli non si riguardgssero nei ·grandi in
chi dovrebbe1·0 riguardarsi? Negli altri piccoli?
E·ppure si pensa che la 1parola scritta t~adisca la
par-0la .detta. E tradimento c'è, senza dubbio, nella
maggior parte dei casi. Sono il in·,imo a riconoscerlo.
È la parola senza il suo suono e al di là del suG
iuomento. Una parola che vive di se stessa. Come
si fa a ridestare nell'uomo che scrive lo stato d'a-
nimo ·dell 'u-0m-0 che parla? _Anche se si tratta dello
stesso uom(}? Si rifà la carica, d'accordo. JVla non
è da tutti e costa assai. Conosco degli uomini di
priin' ordine che non sono capaci cli rivivere due
volte ·10 stesso 1nomento. Sono .grandi, m~ non sono
degli iinbalsan1atori di parole. Ep1poi sdegnano la
cosa, la fatica e la pena del rif achnento. Par loro
·di commettere t;In sacrilegio con se stessi. E d' al-
tra parte il 1proble1na ha due faccie, e anche colui
che legge ·in poltron3 non è con1e· colui che ascolta
in C·oirte. E la parola è il frutto di una n1utua ~oo
perazione, tra chi la dice e chi lascolta. L'oratore
dà e riceve, ad un tempo, e a volte la sua p·grola
non è la sua, è quella che egli pronunzia per felice
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intuito e 1per fatale induzione. Ed è la par-0la più
arande che abbia mai detto.
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